IL CAFFE’

Estratto dallo scampolo di ricordi N.11 di Angelo Giorgio Mutinati

 

“Pepp de M’nginz F’lippe” aveva il Caffè in piazza, ove adesso è il tabaccaio con ricevitoria lotto; si chiamava “caffè”, perchè la fredda ed insignificante parola “Bar” era allora sconosciuta. Certo che ne abbiamo fatti di progressi. Detto “caffè” aveva (ed ha) l’accesso dalla piazza ed anche una apertura su piazza Dante (a chiazze d’a Durlete), ove Peppe, durante le maggiori feste di allora (Crist susprann – Gesù Spirante, il 12 giugno – santa Lucigghie – Santa Lucia , il sei luglio – e Santrocche – San rocco 16 agosto), disponeva alcuni tavolini, affinchè le persone più abbienti potessero consumare gli inimitabili (e, purtroppo, non più imitati) spumoni. Questi spumoni, con l’ausilio del fido “ualletto” (Neglia Romualdo, il papà di Alfredo della bottega) erano preparati nel locale sottano in Largo Piave con contenitori di acciaio immersi in di tine di legno, ghiaccio e sale pastorizio. Uno dei compiti di “Ualletto”, assurto quasi al livello di liturgia, era la preparazione mattutina del caffè (ne ho un ricordo perfetto).

 

Soggiungo che era assai difficile reperire il caffè vero; in casa, quando si aveva la fortuna di averne un poco, si riutilizzava almeno tre volte: fatto il primo caffè, si rompeva e rigenerava la posa e si riutilizzava. In ogni casa, vi era un attrezzo detto “tostacaffè” : un piccolo telaio dimensionato per essere poggiato sulla fornacetta; a questo telaio, era incernierato un recipiente ovoidale bucherellato, posto lievemente inclinato e dotato di un portellino di accesso e svuotamento. Questo recipiente, era solidale con una manopola; posto il caffè all’interno, si poggiava sulla fornacetta e si girava, avendo cura di essere costanti, fino alla buona tostatura. Solo che, nella maggior parte dei casi, mancando il caffè, si tostava l’orzo. Come cambiano i tempi: ora si va al bar e si assumono atteggiamenti da raffinati, chiedendo il caffè d’orzo; allora, ci si sarebbe vergognati. Moltissime persone, volendo esprimere particolare riguardo per l’ospite, miscelavano la posa relitta del caffè vero (gelosamente custodita e conservata) con l’orzo tostato e macinato: per dare maggiore simiglianza col caffè vero.

 

“Ualletto”, verso le 7,30 del mattino, portava la fornacetta su quella sella pianeggiante che separa lo “stradone” – c.so XX settembre – dal “lungomare” – Via Nardelli – delimitata a Nord d’a “i culonn da chiazze” – le colonne della piazza – ed a Sud da “i culonne d’a ville”- le colonne della villa. Dopo pochissime ventilazioni con una cartolina, il fuoco (bucce di mandorle) prendeva subito corpo, alimentato dalla particolare esposizione al vento. Al momento giusto, “ualleto” riponeva la caffettiera e, quando era pronta (dopo averla opportunamente girata) avvisava, ad alta voce : “il caffè pronto”. Era un rito.